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Il podcast ha un cuore antico

Il podcast è una tecnologia, ok. E in quanto tale è stata inventata nel 2003 da Adam Curry e Dave Winer. Il termine “podcast” è stato coniato da Ben Hammersley ed è  comparso per la prima volta in un articolo di The Guardian del 2004 – l’American Dictionary la eleggerà poi nel 2005 a “parola dell’anno”.

 

E fin qui, ci siamo.

 

Ma quali sono le origini umanistiche del podcast?

Andando a scavare, si arriva lontano. Il podcast, prima e al di là di tutto, è voce, è quindi narrazione all’ennesima potenza e ci riporta all’esperienza antichissima dell’oralità; delle storie raccontate (a volte attorno a un fuoco, proprio come ce le immaginiamo).

Come spiega Gaia Passamonti – founder di Storie avvolgibili – in un’intervista pubblicata su Podcast Blog “[…] passando dai poemi omerici ai podcast mi sono ritrovata a chiudere un po’ il cerchio, ritrovando anche tutta una serie di tecniche già usate nell’antichità, anche prima di Omero, che venivano nuovamente messe in atto.”

 

I podcast ci ricordano che le storie arrivano prima: prima di ogni trend, prima del mobile, prima dell’on demand.

 

Le storie sono strumenti potentissimi, da maneggiare con cura – specialmente da chi le scrive – perché quando ascoltiamo le storie ci immedesimiamo nei loro personaggi, proviamo empatia, le loro vicende ci aiutano a comprendere il mondo e allo stesso tempo possono innescare dubbi o sostenere credenze.

 

Ecco perché nell’epoca in cui viviamo, gonfia di polarizzazione, di status symbol e guru prêt-à-porter, è necessario che i nostri podcast siano prima di tutto etici. Di questo tema abbiamo già parlato in un articolo, ma è sempre una buona occasione per ribadirlo.

Le storie sono anche il cuore di Storie avvolgibili che nel 2020, ma anche prima della sua fondazione, aveva già deciso di puntare tutto sulla narrazione scegliendo di mettersi sempre nei panni di chi ascolta, chiunque esso o essa sia.