Diego Alverà racconta i miti della velocità: Jo SiffertTenacia e amore incondizionato per le corse. Questo era Jo Siffert, pilota svizzero che aveva tutte le carte in regola per laurearsi campione del mondo di Formula Uno, ma che il destino ha costretto troppe volte a ricominciare da capo. Fino al tragico epilogo del 1971 sul tracciato di Brands Hatch.
Credits:
Testo di Diego Alverà
Voce di Diego Alverà
Musiche originali di Niccolò Ferrari
Post produzione e sound design di Niccolò Ferrari
Post produzione e ricerche di Biagio de Manincor e Ultimo Piano
Sigla di Ultimo Piano
Voce sigla di Andrea Diani
Produzione di Pensiero visibile e Osteria Futurista
Joe Siffert
anto era forte l’amore per la corsa e la velocità, che Jo Siffert iniziò a vendere fiori ai ristoranti per mettere insieme i soldi necessari a comprare un Gilera 125. Sì perché l’avventura del pilota svizzero inizia sulle due ruote. Ma da dove arriva questa tenacia?
A dodici anni il padre lo porta a vedere il Gran Premio di Formula Uno di casa ed evidentemente Jo la velocità ce l’aveva nel DNA.
«Il mio hobby preferito», amava dire, «è il lavoro» a differenza di tanti colleghi che secondo lui alternavano i weekend di corse all’ozio.
C’erano tutti gli ingredienti per assistere all’ascesa di un campione d’altri tempi, bravo in pista quanto con la chiave inglese in mano. Ma il 24 ottobre 1971 la sorte era tra gli spalti del circuito britannico di Brands Hatch, nel Kent, e aveva occhi solo per il casco rosso crociato di Siffert e quei suoi caratteristici baffi da colonnello.