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La Nazionale italiana di calcio: un’emozione così lontana, così vicina

È uscito Lo stato della Nazionaleil nuovo podcast talk con Diego Alverà e Jvan Sica, una conversazione tra passato e futuro per rispondere a una domanda: la Nazionale italiana di calcio, come sta?

 

Perché abbiano deciso di imbarcarsi in quest’avventura – e noi con loro – potrebbe essere presto spiegato dal bisogno atavico di appartenenza comune a tutti gli esseri umani, o dal desiderio di comprendere meglio la realtà e le sue dinamiche osservando il mondo da punti di vista sempre diversi, che tanto ci piace. 


Per non cadere in facili ipotesi, abbiamo chiesto ai due autori, che ci hanno raccontato la loro relazione con la Nazionale: quali emozioni suscita in loro e qual è il ricordo più intenso che conservano della Nazionale?

Ecco cosa hanno risposto:

“Sono emozioni profonde che provengono da un mondo calcistico e sportivo lontanissimo dall’attuale, un mondo in cui l’azzurro della Nazionale rappresentava il massimo riconoscimento per un calciatore, l’obiettivo di tutta una carriera. Forse anche per questo, per il mondo che questa maglia ancora dovrebbe interpretare e raccontare, sono comunque rimaste nel perimetro di emozioni antiche, bambine, intense e primordiali.

 

 

I ricordi più intensi arrivano dall’adolescenza. Il primo è privato e si lega a una lontana partita del novembre 1973, un’Inghilterra – Italia vista dal bianco e nero sgranato del televisore di casa. L’Italia vinse di misura con un gol rapinoso e per me, giovanissimo e già fobico anglofilo, fu un momento di grandissima soddisfazione, la presa d’atto del valore dei nostri mezzi

Ma l’emozione più grande di tutte comunque rimane quella della vittoria al Mundial spagnolo del 1982, che fu davvero uno spartiacque generazionale, una sbornia collettiva. Rivedere oggi quelle immagini, ma soprattutto i protagonisti di quell’avventura è sempre una stretta al cuore, lieve e stordente, come guardarsi allo specchio e ritrovare la strada di casa.”

La stretta al cuore ci arriva da Diego Alverà.

“Ci sono solo tre emozioni che lego alla Nazionale. La prima è la tensione. Io non me la godo come fanno in tanti per cui la Nazionale è la partita del cazzeggio con i colori sulla faccia. Io ci perdo i grammi con la Nazionale. E dato che la tensione domina, le emozioni successive possono essere soltanto due: la delusione amara, quella acre proprio, quando si perde. E il sollievo, ma quello che non dà serenità, semplicemente quello che ti fa respirare con meno singulti.

Il ricordo è totale, ovvero USA ’94, il Mondiale dei 14 anni. Per i tifosi di calcio, amanti della Nazionale, gli italiani in generale, i Mondiali scandiscono spesso la propria vita, almeno alcune loro estati. Ma non c’è niente di più assoluto dei Mondiali dei 14 anni.”


Respiriamo con meno singulti insieme a Jvan Sica.

 

Ecco perché raccontare la Nazionale: perché è come un amore giovanile, ma non uno qualsiasi, è di quelli che anche dopo anni te lo ricordi come fosse ieri, che se ci pensi ti risale – esiziale, come la felicità.