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Da podcast a live podcast.

Si sente spesso parlare di live podcast, ciò nonostante abbiamo l’impressione che se dovessimo chiedere a una decina di persone di cosa si tratta, potremmo avere risposte molto diverse tra loro. Noi di Storie avvolgibili abbiamo un’idea precisa di cosa intendiamo per live podcast, per questo abbiamo deciso di mettere in ordine le idee e condividerle.

Prima di tutto, sfatiamo un mito
Secondo la vulgata del podcaster, il live podcast è qualcosa di “strano”; una specie di minestra riscaldata. Niente di più sbagliato. Nel live, il podcast si spoglia di alcune sue caratteristiche per indossarne altre; è una dimensione ibrida, l’ennesima contaminazione che stravolge le regole del progetto narrativo – qualcosa di molto diverso da un podcast talk o radiofonico. 


Il podcast tridimensionale
Bisognerebbe chiedersi cosa è un live podcast sia dal punto di vista di chi lo fa, sia da quello del pubblico. Chi ascolta un podcast dalle proprie cuffie ha bisogno di una serie di ancoraggi, nella dimensione live, invece, il podcaster è proprio lì, in persona, a raccontare la sua storia a voce. Chi è sul palco, a sua volta, deve chiedersi se il contenuto che sta trasmettendo è in linea con quello che ha progettato per l’ascolto. Nel live, entra in gioco la dimensione ambientale che può essere esplorata e compresa nella performance, lavorando sul suo impatto visivo con immagini, luci e movimento – senza sconfinare nel teatro, che è un altro “sport”.


La scena

Il live podcast ricrea l’ambiente sonoro del suo progetto originale utilizzando il design, il registro, la timbrica, l’emotività e quello che succede nel qui e ora. Anche se studiato con la regia video e audio, non sai mai cosa può accadere. 

Quando ascolti un podcast da una piattaforma sei tu a governare la scansione temporale, a decidere quando mettere in pausa e quando andare avanti. Nel live questa dinamica viene stravolta: chi narra può accorciare il tempo, spingendo in avanti o rallentare, fino a fermarlo, a seconda di quello che gli rimanda il pubblico con la sua attenzione. Nel live c’è sudore, mentre in cuffia c’è sempre una distanza. Inoltre, a differenza di quanto accade in uno spettacolo teatrale, in cui all’attore è richiesta un’interpretazione, nel live podcast il narratore rimane fedele a sé stesso, con il proprio corpo e le sue emozioni, pur entrando nel testo.

La squadra
Nel live podcast non si è mai soli sul palco. Oltre al podcaster, ci sono due figure fondamentali: la regia audio e video. L’audio lavora sulla voce, sul suono complessivo ed eventuali interventi (noise, parti elettroniche ecc.), mentre la regia video scandisce i tempi e si occupa della dimensione visiva, dà profondità all’ambiente ed è associata alla parte musicale.

A cosa somiglia il live podcast?
Se c’è un parente stretto, più del reading, è la narrazione di strada dei cantastorie e troubadour e quello che hanno fatto i grandi interpreti del teatro civile.

Un precursore del live podcast, per come lo intendiamo noi di Storie avvolgibili, è stato Marco Paolini nel suo monologo “Il racconto del Vajont” (o anche “Vajont 9 ottobre ‘63 – Orazione civile”): una pietra di confine che ha cambiato il modo di fare teatro, svestendolo. Una storia difficile, trattata attraverso operazioni transmediali con grande anticipo (era il 1993), dando corpo, immagini e voce a un testo importante, levando la retorica e accorciando le distanze con il pubblico.

Scritto da Marco Paolini e da Gabriele Vacis con Gerardo Guccini e Alessandra Ghiglione, è interpretato dallo stesso Paolini.

Non sarà la stessa cosa ma, almeno su YouTube, puoi ancora goderti lo spettacolo integrale.

Previsioni per il futuro
In futuro troveremo la dimensione del live podcast nelle aziende e nella formazione. Non uno spettacolo teatrale ma un modo diverso di fare divulgazione.

Noi ci scommettiamo, e tu?